DESTROYER

L'ispirazione per un disco puo' arrivare da qualunque evento, situazione o stato d'animo: il frontman dei Black Mountain Stephen McBean, ad esempio, ha appena raccontato alla stampa che diverse delle canzoni contenute nel quinto album della band di Vancouver sono nate in seguito a un fatto apparentemente banale, dopo che il musicista si e' convinto a 50 anni circa a prendere la patente e a guidare un'automobile (non a caso, uno dei pezzi si intitola 'Licensed To Drive', e lo stesso titolo del disco omaggia il celebre modello Destroyer che la Dodge mise in commercio nel 1985). Sedersi per la prima volta al volante ha scatenato in McBean una sensazione di liberta', ma anche ansia e timore: stati d'animo e sentimenti che si riflettono in canzoni come il primo singolo 'Future Shade', perfetto esempio del suono monolitico e psichedelico di un disco in cui la formazione canadese e' stata rafforzata da Rachel Fannan (Sleepy Sun) e Adam Bulgasem (Dommengang & Soft Kill), e a cui hanno collaborato Kliph Scurlock (Flaming Lips), Kid Millions (Oneida) e John Congleton (St. Vincent, Swans). Il sound del disco, come ha sottolineato qualcuno, sembra riportare alla Los Angeles dei primi anni Ottanta in cui il punk collideva con il metal: le canzoni sono il frutto di riff e di jam lasciati a decantare a lungo prima di trovare una forma definitiva grazie anche all'arsenale di sintetizzatori portati in dote dall'ex componente del gruppo Jeremy Schmidt: il risultato e' ancora una volta un disco stordente, lisergico e dal fortissimo impatto, che per i Black Mountain apre un nuovo capitolo e stuzzicanti, inedite prospettive