MY FINEST WORK YET

'My Finest Work Yet', 'la mia opera migliore fino ad oggi': cosi' il cantante, chitarrista e violinista di Chicago Andrew Bird presenta l'ultimo capitolo in ordine di tempo di una discografia gia' ricca di titoli solisti (dopo tre album con i Bowl Of Fire). Le dieci canzoni che lo compongono trattano di incertezza e di conflitti morali ('sono interessato all'idea che sono i nostri nemici a renderci esseri umani completi: c'e' una speciale intimita' che condividiamo quando con loro siamo avvinti in una lotta'), e, in un pezzo come 'Sisyphus', evocano il celebre mito greco dell'uomo impossibilitato a raggiungere la vetta di una collina con il macigno che e' costretto a portare per raccontare la sofferenza del processo creativo, mentre la copertina ricorda esplicitamente uno dei dipinti piu' celebri tra quelli che si ispirano alla Rivoluzione Francese ('La morte di Marat'). Come l'opera di Jacques-Louis David, anche 'My Finest Work Yet' mescola il personale al politico ('il disco e' stato scritto nel periodo compreso tra le elezioni presidenziali del 2016 e gli scontri di Charlottesville del 2017') con acuta capacita' di osservazione - Bird, del resto, vanta un passato di giornalista al New York Times - e una abilita' particolare nel miscelare in modo assolutamente originale gli ingredienti della musica tradizionale americana, tra il folk jazz imbastito tra chitarra e pianoforte della stessa 'Sisyphus', il ritornello contagioso di 'Bloodless' e le melodie folkeggianti impreziosite da stupende armonie vocali che ricorrono in tutto il disco. Le sue, come scrive Sarah Allen sul sito Beatroute, 'sono pennellate ampie ma efficaci', e Bird sa offrire in queste canzoni 'inni ottimisti che contrastano con le sue parole torturate'