BLOOD BROTHERS

A tre anni di distanza da 'Salt As Wolves' l'undicesimo album di studio di Jeffrey Foucault prende le distanze dal blues elettrico del suo predecessore, preferendo le tonalita' del country, dell'R&B, del gospel, del rock'n'roll e del folk per dipingere 'una serie di delicati ritratti su piccola tela'. Registrato in presa diretta durante tre giorni trascorsi negli studi Pachyderm ubicati in un'area rurale del Minnesota, 'Blood Brothers' vede il chitarrista riunirsi con la band composta da Billy Conway (Morphine) alla batteria, Bo Ramsey (Lucinda Williams) alle chitarre elettriche e Jeremy Moses Curtis (Booker T.) al basso, raggiunti stavolta dal grande specialista di pedal steel Eric Heywood (Pretenders) e da voci femminili - tra cui quella della moglie di Jeffrey, Kris Delmhorst - che ingentiliscono il sound e gli arrangiamenti. 'Dishes' - un inno alla quotidianita' a tempo di valzer -, lo squillante rock 'War On The Radio', l'intensita' sussurrata di 'Blown' (cantata in duo con Tift Merritt), la quieta elegia di 'Little Warble', il tono dolente della title track (con la partecipazione di Pieta Brown) e l'intimo dialogo tra chitarre acustiche della conclusiva 'Pretty Hands' (ospite la voce solista di Kenneth Pattengale dei Milk Carton Kids) sono le tappe suggestive di un disco che intreccia memorie del passato e realta' del presente per riflettere sui legami sentimentali che trascendo il tempo e lo spazio. Perfettamente assecondate da una impronta sonora che privilegia l'economia espressiva e l'uso sapiente dei silenzi, le canzoni fanno a meno di inutili ornamenti per mettere al centro l'eloquio strascicato di Foucault e i suoi bei testi che parlano di amore, di ricordi, di Dio, di desiderio, di perdita e di solitudine